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Giovedì 24 dicembre, stazione della circumvesuviana di Castelcisterna, luogo di periferia, al confine tra due comuni sconosciuti dell’hinterland napoletano, Brusciano e, appunto, Castello di Cisterna, dove, dimenticato dalle alte sfere provinciali, l’abusivismo edilizio continua la sua inarrestabile corsa, attraversando “oneste” amministrazioni comunali e commissariamenti per infiltrazioni camorristiche.

 

 

Sara_la_pendolare83Poco più in là Marigliano, dove ignari agricoltori fino a qualche anno fa accettavano di sotterrare strani materiali in cambio di qualche soldo in più che la terra si rifiutava di dare. E così in tutta l’area dell’Agro Nolano, fino ad arrivare ad Acerra, disegnando quello che ormai è tristemente noto come il “Triangolo della morte”, l’area con uno tra i più alti tassi di tumori in Campania. Supero i tornelli all’interno della stazione e mi affretto al binario 2, linea Baiano – Napoli. Sotto gli occhi compiacenti degli addetti alla biglietteria, i soliti furbi di turno si attaccano come ombre alle mie spalle o a quelle di qualcun altro per superare, sprovvisti di biglietto, i tornelli. La mia sorpresa per il gesto, e soprattutto per l’indifferenza della gente presente, diventa oggetto di scherno per l’autore di questa geniale furberia. Dopo essermi inutilmente arrabbiata e aver cercato di far valere invano le mie ragioni mi appresto a raggiungere il binario, dal quale mi dividono 3 rampe di supertecnologiche scale mobili che si attivano appena qualcuno vi si avvicina... il treno, che nei giorni (semi)festivi riesce ad arrivare persino in orario, è all’insegna dell’ultima moda in fatto di design a scapito della funzionalità. I posti sono ridotti al massimo, riuscire a sedersi durante i giorni lavorativi è diventato ormai un lusso per chi sale a partire dalla stazione di Brusciano in poi. Il viaggio però non è noioso, se si pensa ai giochi di equilibrio che bisogna saper fare per tenersi in piedi ogni volta che il treno frena. Evidentemente anche i macchinisti non sono ancora avvezzi a cotanta velocità! Ma oggi è un giorno speciale, è la vigilia di Natale e il treno è semivuoto. Mi chiedo se sia un gesto generoso del destino per addolcire queste poche ore che mi separano dalle ferie natalizie o semplicemente un modo ironico per ricordarmi che tutti gli altri sono a casa.

 

Tra le poche persone a bordo riconosci qualche faccia familiare, i pendolari di tutta una settimana, che conosci ormai da anni. Si accenna un saluto ma ci si siede distanti l’uno dall’altro per evitare qualsiasi conversazione. Sono le 8.00 del mattino, ancora non è l’ora dello scambio di opinioni. Il treno prosegue e poco alla volta si popola di gruppetti di amici, signore nel pieno delle loro facoltà fisiche e intellettuali, uomini d’affari e anziani in fuga dalla noia. L’ambiente comincia a riempirsi di voci e di programmi sulla cena della sera. Gli argomenti sono futili e banali come vuole questo giorno, ma non importa. Tutti sorridono, tutti si lasciano le preoccupazioni alle spalle. Oggi non conta se il tuo contratto sta per scadere, oggi non importa se non ce la fai a pagare il mutuo, oggi non guarderai i volantini delle offerte per risparmiare sulla spesa. Oggi è un giorno speciale. Il treno prosegue, attraversando le periferie desolate dei comuni vesuviani, tra i mari di cemento e le distese di campi, tra le serre improvvisate e i cantieri per nuove strade, case, case, case... Alla stazione di Volla il brusio che ormai invade il treno assume un tono diverso, tra la confusione delle voci se ne distingue una più alta e agitata. Tutti rivolgono lo sguardo in direzione opposta alla mia. Faccio finta di niente, continuo a leggere il mio libro, sarà il solito gruppetto di ragazzini scalmanati, ma quella voce insiste, si amplifica e comincio a distinguere le parole. Mi giro anche io come gli altri e vedo una scena che ho visto ormai troppe volte. (Ma oggi non doveva essere un giorno speciale?) Il controllore intima ad un gruppo di rom di scendere dal treno, loro rifiutano, lui alza la voce sempre di più, comincia ad imprecare in napoletano, li spinge verso il fondo della carrozza, li ammucchia, li isola, li ghettizza. Il treno prosegue. L’uomo di fronte a me ripone la sua borsa sul posto libero accanto per fare in modo che nessuno di questi “barbari” lo occupi, e chiede a me di fare lo stesso. Lo guardo esterrefatta mentre sbuffa per la disapprovazione. I toni si fanno confusi e sempre più alti, non conta che abbiano il biglietto o meno. Questi rom devono scendere alla prossima fermata. Non basta dir loro che hanno un cattivo odore, che sono dei ladri, delinquenti, che vengono qui a rubarci il lavoro. Non basta neanche far notare al controllore che dovrebbe limitarsi a fare il suo dovere, ormai non sente ragioni.

 

Alla stazione di Botteghelle, sotto gli occhi soddisfatti di alcuni dei viaggiatori e quelli increduli e inermi di altri, quei rom vengono scacciati in malo modo, con spintoni e calci. I furbi della stazione di partenza sorridono, le conversazioni banali riprendono, il controllore ritorna alla cabina di guida, è felice, sa che dovrà lavorare solo alla prossima invasione di rom. Loro scendono e attendono il prossimo treno. Scendo alla stazione di Piazza Garibaldi, dai finestrini del treno che avanza verso il capolinea, l’unico rom superstite mi sorride e mi mostra il suo biglietto. Alla prossima fermata per lui non comincerà un giorno speciale, ma solo un altro giorno di ordinaria discriminazione.

 

 

 

 

Sara la pendolare

www.quartieresanita.blogspot.com

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