Si respira aria di entusiasmo a Napoli, merito del risultato delle elezioni che vede De Magstris in ballottaggio con Letteri.
De Magistris ha ottenuto questo meritato risultato perchè esso rappresenta, come uomo ed individuo e non come portavoce di un partito, la legge e la legalità; una zona di luce senza ombra.
Se dovesse, come molti sperano, diventare sindaco di Napoli, rischia di restare schiacciato da due prepotenti poteri, forti di agganci e amicizie politiche ed imprenditoriali trasversali. Al popolo il compito, se eletto, di difenderlo nel suo cammino e compito. Intanto altri roghi a Napoli, altri cumuli di spazzatura in tutta la città, altre tonnellate di rifiuti da smaltire. In ballo milioni di euro e la poltrona da Sindaco diventa rovente ancor prima di ricevere il nuovo designato. Tant'è che Luigi Cesaro, per gli ''amici'' Gigino a purpetta'', presidente della provincia di Napoli e uomo dei rifiuti, durante la propaganda elettorale ha trovato il coraggio, tipico degli uomini senza dignità, di parlare di «mattanza politica e killeraggio mediatico, operazione ad orologeria in pieno election day». Continuando, «attacco premeditato e strumentale verso la mia persona e verso il ruolo che rappresento tanto nelle istituzioni quanto come responsabile della vita politica di un partito». Ad inviperire, Luigi Cesaro, la pubblicazione di alcuni atti depositati nell’inchiesta della Dda di Napoli su presunte collusioni tra politica e camorra.
Siamo a Quarto, provincia di Napoli. Luigi Cesaro, coordinatore provinciale del Pdl, viene più volte intercettato mentre dialoga al telefono con Armando Chiaro, il consigliere Pdl di Quarto finito in manette ai primi di maggio. Decine di telefonate, che la Dda ha ritenuto di utilizzare per rafforzare le indagini a carico del Chiaro.
Ma cosa raccontano quelle telefonate tra Chiaro e Cesaro? Cesaro non è direttamente coinvolto in questa indagine, ma, sono anni che Cesaro è ritenuto parte dell'alta camorra, mediatore tra camorra e politica, già dai temi di Cutolo. Del resto, se il mancato arresto da diritto alla presunta innocenza è pur vero che da anni a Napoli e in tutta la Campania, la giustizia è un organo costantemente boicottato, sabotato, colpito fino a far scomparire dai tribunali o negli uffici degli inquirenti atti, documenti ed accuse. Inoltre sono evidenti a tutti i collegamenti e le coincidenze, basta guardare la città e chiedersi cosa impedisce il rispetto delle leggi, il ripristino della normalità e poi le stupefacenti sponsorizzazioni del duo Cesaro – Cosentino: hanno sponsorizzato Nicola Imbriani, latitante per presunti contatti con il clan Polverino, proprio in vista delle elezioni di questi giorni. Il 29 marzo Chiaro telefona a Cesaro e gli dice, stando sempre a quanto riportato nelle trascrizioni, di aver saputo da una terza persona che «Cosentino ha deciso che Nicola Imbriani deve stare con loro». Il giorno successivo «Cesaro chiama Chiaro e gli dice che il riferimento della lista Noi Sud è Nicola Imbriani». Il 30 marzo, dopo aver parlato con Cesaro, Chiaro telefona al candidato sindaco e gli dice che «Cosentino ha imposto l’ingresso di Noi Sud nella coalizione».
Giovedì 14 aprile, sette minuti dopo l’una del pomeriggio, squilla il cellulare di Luigi Cesaro. È Armando Chiaro che gli passa Nicola Imbriani, imprenditore locale impegnato in politica. Quest’ultimo «rassicura» Cesaro e l’accordo, sponsorizzato dal leader regionale del Pdl Nicola Cosentino, per l’ingresso di “Noi Sud” nella coalizione del candidato sindaco del centrodestra, Lettieri.
A Chiaro, Imbriami, non va, i due sono avversari, ma, le resistenze all’ingresso nel centrodestra di Noi Sud vengono superate, è la tesi sostenuta nell’informativa del nucleo operativo è: resistenza superata «tramite l’intercessione di Nicola Cosentino».
Imbriani, appare, dall’indagine coordinata dai pm Ardituro, Del Gaudio e Ribera, come il «classico imprenditore camorrista, impegnato da decenni nel riciclaggio» del danaro sporco accumulato dal clan Polverino. E nella lista di Noi Sud figura anche Salvatore Camerlingo, in cella sempre nell’ambito della stessa indagine. Un politico latitante, Imbriani, due consiglieri in cella, Chiaro e Camerlingo e «Noi sud», lista civica che ha permesso a Lettieri di arrivare al ballottaggio.
Chiaro è recidivo: coinvolto in un’inchiesta per voto di scambio nel 2007 ottenendo in quel caso l’archiviazione dall’ipotesi di rapporti con la camorra. Oggi a suo carico nuovi indizi: sarebbe proprio Chiaro proprietario «fittizio» dell’appartamento in provincia di Barcellona dove Polverino abitava e gestiva gli affari illeciti. Poi le elezioni a Quarto nelle giornate di domenica e lunedì scorso: e tra i candidati del Pdl più votati, nonostante si trovi in carcere con l’accusa di essere un prestanome del clan Polverino, Armando Chiaro.
Chiaro, capolista del partito ed ex coordinatore cittadino del Pdl a Quarto, ha ottenuto un consenso personale che supera le 350 preferenze e in città molti sussurrano di pressioni e intimidazioni.
Il 19 maggio prossimo il giudice del riesame dovrà decidere se tenerlo ancora in galera oppure procedere alla scarcerazione: partono le scommesse e in molti puntano sulla scarcerazione.
Trattative tra Stato e Camorra nel controllo del territorio dal punto di vista degli appalti, spartizione del demanio, gestione dei finanziamenti, assunzioni, edilizia, commissariamento di IACP, Istituto autonomo case popolari e quanto è possibile spartire e tramutare in denaro. Il 28 aprile scorso, Armando Chiaro chiama di nuovo Cesaro, che si trova a Roma: «Cesaro - scrivono i carabinieri - dice di aver bloccato i commissari agli IACP e che il loro amico sarà tra i vice commissari». L'intercettazione è indubbia, i due stanno trattando affari di Stato. L'inchiesta è condotta dal capo della Dda di Napoli Pennasilico, dai due pm anticamorra Ardituro e Del Gaudio: associazione camorristica, traffici illegali, intestazione fittizia di beni. C’è un filone che punta dritto al business dei rifiuti. Il clan Polverino vuole aprire una discarica nella zona della ex Cava, già inquinata e mai bonificata, chiusa, sequestrata e forse, chissà, riaperta a breve.
Ma la guerra Comune-Regione sui rifiuti è agguerritissima in quanto in molti vogliono sedere al tavolo delle spartizioni. Asìa, l'azienda per la raccolta rifiuti lo aveva annunciato ed ha mantenuto la sua parola presentando un esposto contro la concessione per vent’anni ai privati per la gestione del termovalorizzatore. «Il bando del commissario delegato regionale è contraddittorio e opaco in ogni sua parte» scrive il legale di Asìa, Orazio Abbamonte. E l’azienda pubblica sottolinea «il costo esorbitante dell’opera che non trova riscontro nelle attuali condizioni di mercato e l’incredibile tariffa che dovrà pagare il Comune di Napoli per smaltire i rifiuti in casa propria». Asìa mette a confronto il costo del termovalorizzatore di Torino con quello di Napoli: « A Torino l’impianto costerà 249 milioni di euro mentre a Napoli 386. E tra l’altro Napoli dovrà pagare al gestore dell’impianto una tariffa di 93 euro per tonnellata di rifiuti da smaltire». La Regione ribatte: «L’impianto di Napoli Est sorgerà su area di proprietà della Regione e non della città capoluogo. Alla gara, il cui bando è già pubblicato sul Bollettino Ue, possono partecipare tutti i soggetti che hanno le caratteristiche previste dalla legge, compresa Asìa». E su costi, il commissario precisa: «A monte dei ricavi previsti è necessario effettuare un investimento di 400 milioni di euro, più spese di gestione per 30 milioni l’anno».
L’impianto, comunque «non servirà solo la città di Napoli ma il territorio dell’intera Regione».
Il governo nel 2009 aveva disposto che il termovalorizzatore di Napoli doveva essere costruito e gestito dall’Asìa in società con un partner industriale individuato con gara. In quell’accordo era previsto che la disponibilità del terreno su cui costruire l’impianto e di proprietà della Regione, doveva essere acquisita dal sottosegretario che l’avrebbe poi consegnata ad Asìa. Perchè tanti passaggi di mano? Il protocollo istituzionale è stato siglato il 22 novembre 2010, ma il 26 novembre 2010 il governo, con decreto legislativo196/10, ha decretato la nomina da parte della Regione di un commissario delegato cui affidare il procedimento amministrativo per la realizzazione del termovalorizzatore, il quale ha deciso a sua volta per una concessione a privati per 20 anni, circa un miliardo di euro, che affare.
Finito ai privati, quegli stessi privati mai acciuffati e le quali società e cda si intrecciano tra loro. Sarà un grande affare per i privati, il termovalorizzatore di Napoli Est. Gli utili per la gestione andranno tutti a loro, perché nel bando non è più prevista, com’era all’inizio, una società mista. Tutto questo calvario mentre le autorità sanitarie, più volte, stiano lanciando l’allarme diossina a causa delle esalazioni che provengono dai rifiuti dati alle fiamme.
Discariche sature, mezzi per la raccolta fermi, arresti a chi pone resistenza, roghi, soldi ed elezioni al vetriolo. Berlusconi contro Asìa: «Il Comune non solo non ha approntato il termovalorizzatore, ma ha provato a bloccarlo», dice il premier. Ribattono i dirigenti di Asìa: «Con Bertolaso pattuimmo che gli utili dell’impianto che insiste su Napoli sarebbero andati a una società per metà privata e per metà pubblica, così da sostenere i costi della differenziata. Così non sarà. Tutto sarà gestito dal privato e Napoli avrà appena una mancia». Ricorda, caro lettore, quando tornerai alle urne per il ballottaggio, Napoli è Tua!
Roberta Lemma