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napolitano caso abu omar

Ultimo atto prima di lasciare il Colle. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha concesso la grazia al colonnello Joseph Romano, che era stato condannato dalla Corte d’Appello di Milano in relazione al cosiddetto caso Abu Omar.

Fonti del Quirinale sostengono che Giorgio Napolitano nella concessione della grazia al militare Usa si sia ispirato “allo stesso principio che si cerca di far valere per i nostri due marò in India“. E’ un fatto, però, che Obama in persona il 15 febbraio aveva chiesto la grazia per tutti i 23 condannati Usa per i sequestri (22 agenti Cia e un militare), come ha rivelato Il Fatto Quotidiano il 22 febbraio.

Quello che resta da chiarire è il destino degli altri condannati definitivi, una patata bollente che Napolitano lascerà nelle mani del suo successore. Gli americani vogliono il colpo di spugna per tutti, anche per l’ex capo della Cia in Italia Jeff Castelli, appena condannato in appello. In caso di conferma della sentenza di secondo grado, il principio della clemenza potrebbe valere anche per Nicola Pollari  e Marco Mancini.

LE MOTIVAZIONI UFFICIALI DEL COLLE –  Secondo quanto si legge nel comunicato del Quirinale, il Capo dello Stato “ai sensi dell’articolo 87, comma 11, della Costituzione, ha oggi concesso la grazia al colonnello Joseph L. Romano III, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d’Appello di Milano del 15 dicembre 2010, divenuta irrevocabile il 19 settembre 2012. La decisione è stata assunta dopo aver acquisito la documentazione relativa alla domanda avanzata dal difensore avvocato Cesare Graziano Bulgheroni, le osservazioni contrarie del Procuratore generale di Milano e il parere non ostativo del Ministro della Giustizia”.

“A fondamento della concessione della grazia – prosegue il Quirinale – il Capo dello Stato ha, in primo luogo, tenuto conto del fatto che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, subito dopo la sua elezione, ha posto fine a un approccio alle sfide della sicurezza nazionale, legato ad un preciso e tragico momento storico e concretatosi in pratiche ritenute dall’Italia e dalla Unione Europea non compatibili con i principi fondamentali di uno Stato di diritto”.    

“D’altra parte – si legge nella nota – della peculiarità del momento storico dà conto la stessa sentenza della Cassazione che, pur escludendo che il Romano – come gli altri imputati americani – potesse beneficiare della causa di giustificazione dell’avere obbedito all’ordine delle Autorità statunitensi, ha però ricordato ‘il dramma dell’abbattimento delle torri gemelle a New York e il clima di paura e preoccupazione che rapidamente si diffuse in tutto il mondo; e ha evidenziato ‘la consapevolezza che ben presto maturò di reagire energicamente a quanto accaduto e di individuare gli strumenti più idonei per debellare il terrorismo internazionale e quello di matrice islamica in particolare, consapevolezza alla quale conseguì l’adozione da parte degli Stati Uniti di ‘drastici provvedimenti”.

In secondo luogo, il Capo dello Stato “ha tenuto conto della mutata situazione normativa introdotta dal d.P.R. 11 marzo 2013, n. 27 che ha adeguato al codice di procedura penale del 1988 le modalità e i termini per l’esercizio da parte del Ministro della Giustizia della rinuncia alla giurisdizione italiana sui reati commessi da militari Nato, consentendo tale manifestazione di volontà in ogni stato e grado del giudizio”. “In particolare -precisa il comunicato- il sopravvenire di tale nuova disciplina costituisce sicuramente un fatto nuovo e rilevante il quale avrebbe fatto emergere un contesto giuridico diverso, più favorevole – nel presupposto della tempestività della rinuncia - all’imputato. In definitiva, con il provvedimento di grazia, il Presidente della Repubblica nel rispetto delle pronunce della Autorità giudiziaria ha inteso dare soluzione a una vicenda considerata dagli Stati Uniti senza precedenti per l’aspetto della condanna di un militare statunitense della Nato per fatti commessi sul territorio italiano, ritenuti legittimi in base ai provvedimenti adottati dopo gli attentati alle Torri Gemelle di New York dall’allora Presidente e dal Congresso americani”.  ”L’esercizio del potere di clemenza – è la conclusione- ha così ovviato a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico, con il quale intercorrono rapporti di alleanza e dunque di stretta cooperazione in funzione dei comuni obiettivi di promozione della democrazia e di tutela della sicurezza”.

POLLARI E LA SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO – La decisione di Napolitano avviene, inoltre, nel giorno in cui sono state depositate le motivazioni della Corte D’Appello di Milano che ha condannato a 10 anni Nicola Pollari. ”In Italia chi fa il suo dovere viene perseguito. Chi osserva la legge viene condannato: ma qualcuno si sta dando carico di questo problema? Io credo che nelle sedi proprie si debba molto riflettere, perchè qui stiamo scherzano con la democrazia”, è lo sfogo di Pollari all’Ansa.

“E’ stato condannato un innocente – ha ribadito – leggo dalle motivazioni di essere stato condannato perché mi viene imputato un comportamento che è invece diametralmente opposto a quello tenuto nell’esercizio delle mie funzioni: non solo sono estraneo a questa vicenda, ma ho impedito che il Sismi da me diretto potesse anche semplicemente immaginare ipotesi del genere. Sono stato condannato di fronte ad una verità processuale opposta alla realtà dei fatti e ciò non sono solo io ad affermarlo ma lo hanno detto, ribadito, confermato, tre presidenti del Consiglio appartenenti a tre compagini diverse. Tutti gli attori istituzionali a conoscenza dei fatti sanno come sono andate le cose, non c’è solo la mia parola. Dicano loro se sono colpevole o innocente”. Non solo. Secondo Pollari la prova della sua innocenza è “documentale“, essendo contenuta nei vari atti “coperti da segreto di Stato: non è colpa mia – dice – se tre governi mi hanno ordinato di non utilizzare quegli atti e di non propagarne il contenuto. Io ho solo osservato la legge, ho rispettato quello che è un obbligo sanzionato penalmente, ma a quanto pare oggi ciò in Italia non serve. Sono incredulo. Cosa mi si rimprovera?”.

L‘ex capo del Sismi ricorda inoltre le due lettere, da lui consegnate alla Corte d’appello di Milano, “con cui il Governo Monti ha confermato l’apposizione del segreto di Stato, con l’indicazione che le attività del Sismi da me diretto sono attività istituzionali e quindi lecite. Due lettere – aggiunge Pollari – che non sarebbero state prese in considerazione perchè in calce non ci sarebbe la firma del premier, ma quella del direttore dell’Agenzia o del Dis. Ma se è questo il problema, perchè non si è chiesta conferma al presidente del Consiglio?”.

“Aggiungo – continua Pollari – che il premier è stato talmente ‘estraneo alle due lettere che l’8 febbraio scorso, alle 22, si è riunito il Consiglio dei ministri per deliberare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato di fronte alla Consulta anche con riferimento alle ordinanze della Corte d’appello di Milano che non aveva tenuto conto di quelle lettere. Un conflitto che è stato poi notificato alla Corte (e che la Consulta ha dichiarato ammissibile) che ne ha dato lettura il giorno della sentenza prima di ritirarsi in camera di consiglio, senza tenerne alcuna considerazione”.

 

Tratto da

Il Fatto Quotidiano

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